Dovremmo discutere di una forma di selezione che permetta di valorizzare
la capacità di apprendimento, l'impegno, la passione nello studio che
si è scelto, invece siamo ostaggi di baronati decennali e lobbies
professionali che ci costringono a discutere di quale studente ha il
diritto di studiare e quale no (non si parla del diritto alla laurea ma
diritto allo studio, sia chiaro), senza accorgerci che inizia a mancare
in prospettiva il personale medico nelle strutture pubbliche e che la
favola delle strutture universitarie insufficienti ce la siamo bevuta
senza pensare a quanto l'Italia spende per istruzione universitaria
rispetto alla portata delle sue finanziarie o del suo prodotto interno.
Oggi
l'accesso al sapere è l'oggetto di una guerra tra poveri di cui noi
studenti siamo i tristi protagonisti, per cui la discussione sulla
qualità dei test di selezione hanno assunto più valore di quella sul
diritto allo studio. Qui il "coraggio delle riforme" non arriva mai.
Eppure il diritto allo studio è, a detta di tutti, la base per il futuro
del Paese.
Il TEST d'INGRESSO del 2007, l'anno dello scandalo a Medicina.
Negli
anni precedenti (test del 2004 e del 2005) c'erano stati casi di
domande mal formulate, ma nel 2007 succede di tutto. Dopo il test
scoppia il caso: il quesito n° 71 ha due risposte esatte, il n°79
addirittura nessuna, e questo basta a farsi venire seri dubbi sulla
regolarità del test, anche senza considerare altre domande di imprecisa
formulazione. All'indomani del test il Ministero emette un decreto per
risolvere rapidamente la situazione: le graduatorie saranno stilate
ignorando i due quesiti incriminati. Ma è un tentativo inaccettabile:
non viene premiato chi a quelle domande sapeva rispondere e non viene
garantita la parità nella competizione. Nel frattempo le anomalie nelle
graduatorie degli anni precedenti avevano messo in allarme anche le
forze dell'Ordine: le intercettazioni e le indagini svolte durante lo
svolgimento dei test hanno messo in luce modalità irregolari presso
alcuni Atenei italiani con annullamento locale dei test. Tutto questo a
comporre un
quadro di scarsa credibilità del sistema di selezione a quiz dell'accesso programmato in Italia.
Ricorso collettivo al Tar del Lazio.
Da
diversi anni l'UdU promuove ricorsi collettivi per gli studenti che
vedono messe in dubbio le loro aspirazioni universitarie a causa del
cattivo funzionamento del meccanismo Università; questo è accaduto anche
a Parma, con un ricorso al TAR degli studenti di Psicologia fermati da
un numero chiuso non legittimo. A settembre 2007 il decreto di
annullamento del Ministero era un provvedimento insufficiente a
ristabilire la giustizia del test, così l'UdU decide di procedere
promuovendo un ricorso collettivo al TAR del Lazio. L'Avv. Michele
Bonetti cura la vicenda, raccogliendo la documentazione di ben 2000
studenti e presentando altri rilievi di irregolarità oltre alla presenza
dei due quesiti incriminati e l'annullamento che di fatto cambia le
caratteristiche del test.
La sentenza.
Il TAR del Lazio, tra altre cose, afferma:
- il sistema italiano dei test a risposta multipla è meno adatto di altri sistemi adottati in Europa a operare una selezione su criteri di merito universitario, basandosi su una preparazione precedente. Ad esempio in Francia c'è accesso libero al primo anno, selezione sul merito all'iscrizione al secondo anno;
- l'Università italiana deve dotarsi di un sistema di selezione più equo ed efficace per gli aspiranti studenti di Medicina;
- la commissione che ha elaborato il test del 2007 ha operato male, omettendo la redazione di un Verbale e rendendo irreperibile la documentazione sul percorso di formulazione dei test, in violazione del principio di trasparenza dell'attività amministrativa;
- diversi quesiti sono inadatti o estranei alla materia in valutazione: oltre ai famosi n°71 e n°79, ci sono quesiti di biologia su nozioni non contemplate dai programmi ministeriali (n°34 e n°35), formulazioni poco chiare (n°52), incongruenze (n°5 e n°14), imprecisioni sulla lingua (n°33), risposte non esatte ma appena accettabili (n°39);
- l'annullamento dei quesiti n°71 e n° 79 avvenuto successivamente al test non ristabilisce la parità dei concorrenti.
La
lunga battaglia legale contro il numero chiuso ora continua alla Corte
Europea dei Diritti dell'Uomo dove abbiamo presentato un ricorso,
proprio sulla base dell'esperienza del 2007, contro la negazione del
diritto allo studio tramite sbarramenti all'accesso appellandoci all'art
14 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea.
Articolo 14
Diritto all'istruzione
- Ogni individuo ha diritto all'istruzione e all'accesso alla formazione professionale e continua.
- Questo diritto comporta la facoltà di accedere gratuitamente all'istruzione obbligatoria.
- La libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei principi democratici, così come il diritto dei genitori di provvedere all'educazione e all'istruzione dei loro figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, sono rispettati secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio.
L'INGERENZA DELLE LOBBIES PROFESSIONALI
Il percorso
che porta ala definizione delle disponibilità dei posti per i corsi di
lauree a numero chiuso passa attraverso alcuni momenti cruciali.
Innanzitutto il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della
Ricerca (Miur) riceve dagli Atenei una disponibilità di massima dei
posti per le proprie facoltà secondo quella che ritengono essere la
"capienza" delle proprie strutture. Allo stesso tempo, il Ministero
della Salute riceve le stime delle Regioni e degli Ordini Professionali
sulle disponibilità rispetto al fabbisogno del sistema sociale e
produttivo. Alla fine i dati del Miur e del Ministero della Salute sono
oggetto di elaborazione di una consultazione tecnica a cui partecipano
la Conferenza Stato-Regioni, le Regioni, l'Osservatorio delle
Professioni Sanitarie e le Federazioni degli Ordini Professionali
coinvolti. Questa consultazione porta alla definizione di un numero di
posti che viene suggerito al Miur, che tramite decreto sancisce il
numero definitivo.
Il numero chiuso in Italia nasce dal mancato
adeguamento delle strutture universitarie alla domanda d'istruzione che
viene della scuole superiori. La scelta di interpretare in maniera
inversa la direttiva europea, che in realtà impone l'adeguamento delle
strutture al numero di studenti, non può che farci pensare alla solita
soluzione all'italiana che ha colto l'occasione per ridurre il numero di
professionisti in Italia riducendo così fortemente la concorrenza nel
mercato dei servizi che questi professionisti offrono, salvo oggi
rendersi conto che questo sistema sta portando alla mancanza di
professionisti della medicina in Italia tali da dover richiedere medici
dall'estero, i quali tra l'altro vengono pagati molto di più. E',
difatti, nell'interesse lobbistico degli ordini professionali ridurre al
minimo la concorrenza nel proprio settore così da poter mantenere una
condizione privilegiata.
L'Antitrust ha, infatti, più volte chiesto
l'abrogazione dell'art 6-ter (aggiunto con l'introduzione del numero
chiuso nel 1999) del decreto legislativo n° 502 del 1992 perché
anticostituzionale, ovvero lesivo dell'art. 41 della Costituzione.
Fabbisogno di personale sanitario
1. Entro il 30 aprile di ciascun anno il Ministro della sanità, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri e degli altri Ordini e Collegi professionali interessati, determina con uno o più decreti il fabbisogno per il Servizio sanitario nazionale, anche suddiviso per regioni, in ordine ai medici chirurghi, veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici, psicologi, nonché al personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione ai soli fini della programmazione da parte del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica degli accessi ai corsi di diploma di laurea, alle scuole di formazione specialistica e ai corsi di diploma universitario. Con la stessa procedura è determinato, altresì, il fabbisogno degli ottici, degli odontotecnici e del restante personale sanitario e sociosanitario che opera nei servizi e nelle strutture del Servizio sanitario nazionale.3. Gli enti pubblici e privati e gli ordini e collegi professionali sono tenuti a fornire al Ministero della sanità i dati e gli elementi di valutazione necessari per la determinazione dei fabbisogni riferiti alle diverse categorie professionali; in caso di inadempimento entro il termine prescritto il Ministero provvede all'acquisizione dei dati attraverso commissari ad acta ponendo a carico degli enti inadempienti gli oneri a tal fine sostenuti.
L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La
legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività
economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a
fini sociali.